[CALCIO] Per i tifosi del Napoli

Vi racconto i miei undici azzurri di sempre

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    Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni..

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    È un'idea per bambini senza età. Usate i ricordi come giocattoli. Li potete anche rompere. Scegliete i calciatori che ricordate meglio. Non i più bravi. Ma quelli che avete amato. Sulla competenza deve vincere il sentimento, altrimenti questo gioco sarebbe come il resto della vita. Solo noia. Partite come storie d'amore: quando ne comincia una, nella testa rimane sempre una canzone. Una discoteca. Una città. Una piazza. Un albergo. Nel calcio rimane sempre una vittoria, un gol, un gesto. Dino Panzanato non sarà stato il miglior difensore del Napoli, ma lo ricordo con la testa fasciata, la benda bianca ormai rossa di sangue. Dino saltava nel vento e di testa la palla era sempre e ancora sua, epiche le sfide di allora, toccava agli stopper marcare il centravanti, ribaltare i rapporti, il più umile che batteva il più potente e ricco. Domandate a Chinaglia, "Long John".
    Di quella volta che tornavamo da un Lazio-Napoli, avevamo appena telefonato ai giornali per raccontare la vittoria di Savoldi, Boccolini, La Palma, Burgnich, era il Napoli ruggente di quel leone arrivato da Belo Horizonte, che grazia di nome per una città: Luis De Menezes Vinicius. Ho seguito il calcio ogni giorno fino al 1990, prima di cambiare strada, come tanti altri. Non so chi sia stato il migliore, ho provato a giudicare e intervistare i campioni e i gregari, chi vinceva lo scudetto e chi retrocedeva in Italia, la Juve e il Catanzaro, il Milan e il Foggia, l'Inter che vinceva molto sul campo e mai in tribunale, i divi di quattro Mondiali, da Baires '78 in su. Non ho amato Luis Cesar Menotti "el flaco", perché cinico e smorfioso vinse il titolo con l'Argentina dei colonnelli, ho lasciato laggiù due fratelli, gli allenatori Carlo Bilardo, il medico oncologo allievo dell'italiano Ottolenghi, che mise intorno a Maradona otto calciatori disoccupati disposti a correre per lui, e portò alla Casa Rosada la Coppa del mondo vinta in Messico dall'Argentina nel 1986.
    Maradona era nato in un giorno diventato importante, il 30 ottobre, Festa della Libertà. Diego aveva 26 anni, nel suo paese la democrazia appena tre. Non ricordo di Diego tutti i suoi gol, meglio le sue lacrime: nella cattedrale di Sant'Isidro l'Argentina pregava per chi aveva vinto e per chi era morto, tre vittime nei deliri della "fiesta mundial". Ricordo Pelè, il suo Santos era Globe Trotter, girava come un circo. Dopo tanti anni, dico che Maradona è stato più bravo di Pelè, non perché abbia vinto in un calcio che aveva il triplo della velocità ed un rigore tattico sconosciuto all'uomo-spot del Brasile di Joao Havelange, onnipotente, stabiliva patti, affari. Maradona ha insegnato la bellezza senza vanità, il coraggio senza violenza, l'orgoglio senza odio. Lo hanno rispettato gli avversari, più dei compagni. Ed è questa la grandezza di un campione senza frontiere e senza segreti. Fino a darsi in pasto agli sciacalli.
    L'altro fratello lasciato laggiù è Bora Milutinovic, zingaro geniale, ha portato il calcio ovunque, come un missionario, oboli ne ha raccolti tanti. È stato il primo a spiegarmi che Maradona si marcava "con una gabbia", mai ad uomo, fece lo schizzo sul tavolo del ristorante. Bisogna rispettare la sua grandezza, diceva Bora, e se possibile scippargli la palla, magari l'avesse sentito Goicochea, in Spagna gli spaccò una caviglia.
    Castellini era il volto buono del Napoli, ed è lui che apre la mia Top Eleven.
    Peccato che i giovani non abbiano conosciuto Bugatti, "Ottavio Volante" scrisse un giornale dopo una partita memorabile: parò tutto, con la febbre a 39.
    Nella mia difesa a 4, da destra a sinistra: Bruscolotti, che vidi esordire nel Sorrento di Andrea Torino e splendere contro Rensnbrink in Napoli-Anderlecht, semifinale di Coppa delle Coppe. Al centro, una coppia Panzanato e Ronzon, libero veronese di rara eleganza. Non metto Ferrara che è stato bravo nella Juve e in nazionale, ma qui faceva segnare gli avversari su cross, guardava la palla e non l'avversario. È migliorato fuori, diventando un campione e un uomo di rara sensibilità. A sinistra, Gigi Pogliana, adorabile ragazzo di Rescaldina, arrossiva come un seminarista per i richiami di Beppone Chiappella.
    Terzetto di centrocampo: Juliano, Romano e Bagni, la bandiera di sempre e l'asse portante del primo scudetto.
    Maradona lo schiererei senza ruolo, aveva il pilota automatico, sapeva lui dove andare. Ma nel cuore c'è ancora Omar Sivori, che ha però trascorso gli anni più belli della sua carriera alla Juve, più che al Napoli. Scusami Omar.
    Coppia d'attacco: Sergio Clerici detto "Gringo", brasiliano sordo e generoso, e José Altafini, un artista che cantava con me a Ischia.
    Aspettate l'allenatore: rendo giustizia a Carlo Mazzone, solo quattro partite, se ne andò senza chiedere un soldo. Fu preso in giro.
    Presidente: Ferlaino, direte. Facile. Un trentennio di chiaroscuri con scudetti innegabili e grande astuzia manageriale. Un grande presidente, che Napoli ha finalmente rivalutato.
    Per generosità, coraggio di investimenti, garbo: l'attuale Aurelio De Laurentiis merita di superare i suoi successi. Dimostrò quanto poco valessero gli imprenditori e i politici di Napoli.
    Un pensiero grato a Toto Naldi. Ha pagato fino in fondo. Ricordo un gran signore. Bizzarro, ingenuo, eccentrico. Che abbia una poltrona d'onore nel giorno del primo scudetto di Aurelio De Laurentiis e Pierpaolo Marino.
    Gioacchino Lauro mi ricorda il primo scoop. Lo scovai nel tribunale di Castelcapuano, fine anni '60. In quelle stanze svaniva la sua leggenda di presidente generoso e cordiale. Lo accompagnai al taxi, in piazza Garibaldi. Non aveva più l'autista né l'auto blu. Pagò 565 lire e chiese davanti al portone di via Orazio all'autista: "Ha il resto per favore?"
    Il tassista era sicuro di aver sbagliato, non poteva essere lui il presidente del Napoli. E davvero non lo era più. Scomparve.
    Borges insegna che un uomo muore quando se ne va l'ultimo uomo che parla di lui. Un lembo del mio voto è per lui.

    ANTONIO CORBO, LA REPUBBLICA

    Edited by GillesVilleneuve27 - 20/10/2009, 14:55
     
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    ma che sei scemo?

    le cose sono due: numero 1, riassumi tutto in 10 riche o poco +. numero 2, riassumi tutto in 10 righe o poco + levando il verde che il bianco lo vediam benissimo :sasa:
     
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    Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni..

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    sei dello staff ?

    le cose sono 2:

    1) calmo con le parole
    2) cortesemente vorrei una risposta alla domanda che ti ho fatto
     
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  4. Skuallido
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    Ho letto che il napoli vuole ripiegare su moggi per tornare grande. :look:
     
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    CITAZIONE (GillesVilleneuve27 @ 20/10/2009, 14:56)
    sei dello staff ?

    le cose sono 2:

    1) calmo con le parole
    2) cortesemente vorrei una risposta alla domanda che ti ho fatto

    il tempo di dare qualche bustarella qua e la e anche un po' di droga qua e la e' lo saro' presto :sese:
     
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    x Skualldo:
    nono, sono solo voci dato ke moggi è opinionista in un canale locale televisivo "TelecapriSport" da un paio d'anni. Credo ke De Laurentiis non voglia assolutamente un direttore criminale come big Luciano, e poi ha scelto bigon come direttore sportivo proprio xkè non vuole "qualcuno ke ad ogni cosa gli risponda ke ha 30 di esperienza e lui no". Quindi l'intenzione è quella...
     
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5 replies since 20/10/2009, 13:34   82 views
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